© Arch. Franco Della Rosa - Ameria (Tr)

TUTTI I DIRITTI DI RIPRODUZIONE SONO RISERVATI ALL’AUTORE

 

(foto: in copertina: SUGGESTIVA IMMAGINE INTERNA DELLA CHIESA)

 

In ricordo di

Lorenzo Milani

1923 - 1967

 

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INTRODUZIONE

 

Sono lieto per aver collaborato

al primo libro sulla Chiesa e Abbazia di

san Pellegrino di Narni,

borgo tanto amato,

che ha dato i natali

e la giovinezza a mio padre.

Mi congratulo,

con il signor Franco Della Rosa

e lo ringrazio per questo primo studio

che porterà a conoscenza

il nostro complesso monastico,

e l’ambiente ove sorge,

per far sì che rientri

nel circuito religioso della bassa Umbria.

 

 

Fausto Novelli

 

*

 

PRESENTAZIONE

 

 

Gli abitanti di san Pellegino intendono ricordare

in questa occasione una figura a loro cara,

quella del cappuccino padre Reginaldo Belloni,

nativo del posto, che nonostante la turbinosa vita,

fu sempre fedele al sacro luogo sino alla morte

avvenuta sulla fine degli anni cinquanta.

 

Nei trent’anni successivi nell’antico complesso

monastico è regnata l’incuria,

interrotta solo dalle ricorrenze del 17 gennaio

e 18 novembre, dedicate rispettivamente

a sant’Antonio Abate e san Pellegrino.

 

Il Santo degli "animali" e quello della "pioggia".

 

Da poco più di dieci anni per iniziativa delle

famiglie locali è tornato a risvegliarsi l’interesse

intorno a questo luogo di spiritualità per

farlo rinascere come meta d’incontro e di devozione.

 

 

 

Emanuele Sciarrini

 

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PREFAZIONE

 

 

Trascurata dagli storici, in parte per non essere un unicum né un particolare anello di congiunzione nell’architettura romanica della bassa Umbria, in parte perché poco conosciuta, la chiesa di san Pellegrino di Narni è rimasta per lunghi anni ricordata soltanto dalla rada popolazione del luogo per la ricorrenza del Santo presso la quale si festeggia il 18 di novembre o la domenica più prossima.

Il perdurare dell’uso abitativo sino alla fine degli anni sessanta, con ben tre famiglie insediate, prime per tradizione e consistenza quelle di Raggi Settimio e figlio, lì sposato, quindi di Marzoli Agostino, nonostante l’adattamento alle necessità abitative del momento, ha consentito la decorosa conservazione del complesso, oggi spogliato di tutto a seguito dei ripetuti furti subiti e delle implacabili intemperie.

Dal 1994 un progetto per lavori di recupero, restauro e consolidamento, finanziato dalla parrocchia del Santuario della Madonna del Ponte, guidata da padre Pasqualino Pozzuto, padre Guerrino Giovanni Mazzoni e dal solerte Geom. Fausto Novelli, punto di riferimento del Consiglio pastorale, nonché da numerosi fedeli, specialmente del posto, ha consentito un primo intervento strutturale basato, quanto più, sul ripristino dell’impianto antico e con l’ambizioso fine di destinare questo sacro luogo di culto con i suoi ambienti annessi anche all’accoglienza educativa dei giovani.

Questa prima pubblicazione, alla quale contiamo di dar seguito con una ristampa più esaustiva a consuntivo lavori elencandovi coloro che avranno concorso al raggiungimento del programma, ha lo scopo di sensibilizzare la comunità su un bene primariamente religioso, ma anche di valore sociale e culturale che necessita ancora di altre opere per assicurare il suo completo uso.

Il progetto ha riscontrato il favorevole consenso della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per l’Umbria e beneficiato di un primo contributo destinato a nuovi lavori.

 

Franco Della Rosa

 

 

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IL SANTO

"San Pellegrino in Alpe"

 

 

"Nel nuovo Calendario universale della Chiesa (n.d.r.: del 1969), i santi di cui vien fatta memoria sono soltanto 151" e riferiti a tutto il Mondo. Tra questi, nel giorno 27 marzo, è ricordato il Beato Pellegrino da Falerone, frate del XIII secolo, diocesi di Fermo nelle Marche, discepolo di san Francesco, per lunghi anni ospite presso un convento di San Severino Marche dove si presume morì intorno l’anno 1232.

Sotto la data del 16 aprile compare san Pellegrino Laziosi, confessore del XIV secolo. Figura violenta di origine forlinese che vestì l’abito dell’Ordine dei Servi di Maria dopo il provvidenziale incontro con san Filippo Benizzi. Di lui si ricorda il rigore nelle mortificazioni che lo vedevano perennemente in piedi e non coricato nemmeno nella malattia, ma semplicemente poggiato ad una pietra nel riposo del sonno. Morì ad 80 anni nel 1345.

Il 26 giugno è ricordato san Pellegrino d’Amiterno in Abruzzo, martire del VII secolo. Amiternum, fu pure patria del Console Appio Claudio Cieco e dello storico latino Caio Sallustio Crispo. Vescovo della città nativa, Ceto, accusato di tradimento fu gettato dai Longobardi nelle acque dell’Aterno, affluente del Pescara, sino a raggiungere attraverso l’Adriatico, la città di Zara. La sua storia è legata quindi alla Dalmazia presso la quale il suo corpo, giunto da lontano, perse il primitivo nome di Ceto per acquistare quello di Pellegrino.

Nella ricorrenza del primo giorno di agosto è collocato san Pellegrino "in Alpe", confessore del VII secolo. Il nome si lega ad un Santo modesto, un vero pellegrino. La località è geograficamente collocata tra l’Emilia e la Toscana, oltre l’Abetone e il fianco del Cimone, sulla Garfagnana, lungo un affluente del Serchio, nella zona compresa tra le Apuane e l’Appennino, resta tuttora il bastione montano denominato di san Pellegrino (m.s.l.m. 1524), ultimo baluardo della Garfagnana che già si affaccia sul versante padano.

Di Lui vien detto che fosse figlio di un Re scozzese o irlandese che abbandonò la regale condizione per divenire assiduo pellegrino sulle strade percorse dal Signore. Nella sua peregrinazione tornò in Italia, sulle orme dei nostri Santi, fermandosi sul litorale appenninico, ove morì vecchissimo nell’anno 643. Sul luogo della morte nacque un santuario ed uno spedale punto di riferimento dei viandanti che salendo attraversavano di lì la montagna dopo l’ardita costruzione del Ponte del Diavolo di Borgo a Mozzano. Del percorso ne dà testimonianza l’arcivescovo di Canterbury Sigeric in un documento redatto tra il 990 e il 994, descrivendo l’itinerario di ritorno da Roma come riporta Stopani "Lasciando sulla sinistra il poggio di Radicofani, la via s’inoltrava in Val d’Orcia e giungeva a Le Briccole (Abricula), sede di uno spedaletto intitolato a san Pellegrino." Itinerario percorso a ritroso dal re di Francia Filippo II Augusto di ritorno dalla III Crociata nel 1191.

Vicino al paese, oltre all’ospizio, vi è il santuario con strutture risalenti al XIV secolo in cui sono conservati i corpi di san Pellegrino e Bianco. Nella parete di fondo, contro l’abside è posta l’urna antica di Matteo Civitale, sormontata dal busto del Santo. All’esterno, dal piazzale, si apre un vasto panorama che nelle giornate chiare arriva sino al mare .

Il tradizionale e più ricorrente abbigliamento dei pellegrini era rappresentato da un piccolo mantello (il sanrocchino o pellegrina ), un largo cappello (petaso), la bisaccia e il bordone (bastone con punta metallica). É anche noto che i pellegrini anticamente viaggiavano portando con sé grosse pietre, un fardello penitenziale che, nel nostro caso, oltre a quelle depositate utilizzate per le costruzioni, formarono sul luogo del Santo un grande cumulo di sassi.

La devozione verso il Santo pellegrino d’Alpe, scese dal monte per diffondersi nell’appennino, e, per due città, Modena e Lucca, divenne anche il Santo protettore.

 

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LA STORIA

 

 

Frazionate e inconsistenti sono le notizie storiche che si hanno sul complesso monastico di san Pellegrino sia come Chiesa che come Abbazia.

Questa si erge sulla sella posta in posizione dominante, da ovest, la piana narnese-ternana a metri 376 s.l.m. in un ambito boschivo punteggiato da una catena di presenze architettoniche monastiche spesso coeve, basti ricordare la maestà dedicata alla Madonna del Lecino (m.s.l.m. 402), san Cassiano (m.s.l.m. 161), san Jaco a sud-sud/est di san Cassiano (m.s.l.m. 280), santa Maria del Monte poco sotto il vecchio castello di Montoro (m.s.l.m. 132), san Giovanni sopra Stifone, i resti della Madonna della Selva sopra il molino dell’olio (m.s.l.m. 467), santa Croce sopra la Madonna del Lecino (m.s.l.m. 432) ed in basso il Santuario della Madonna del Ponte (m.s.l.m. ÷98), la Madonna del Piano (m.s.l.m. ÷102) oggi unita al cimitero e san Girolamo (m.s.l.m. ÷180) più prossima all’abitato di Narni.

Il complesso è raggiungibile lasciando la S.S. 205 Amerina, sia provenendo da Narni che da Ameria, all’altezza del valico di "san Pellegrino", inoltrandosi per seicento metri lungo la strada vicinale omonima, disposta con orientamento a sud-est, seguendo il percorso principale a salire.

La prima immagine che appare al visitatore è quella contemporanea di fabbricato rurale su cui spicca un cavaliere a tre fornici, retaggio di vita monastica. Le strutture antiche mostrano d’impatto i notevoli rimaneggiamenti subiti e rappresentati da ampliamenti, riuso improprio della costruzione con destinazione d’abitazione rurale, demolizioni e tamponamenti e ampia ridistribuzione di aperture interne ed esterne.

Quasi immune da grandi modifiche, specialmente d’età neoclassica, risulta soltanto l’ambiente Chiesa dopo il suo sostanziale ampliamento effettuato in antico, in particolare sull’asse longitudinale.

 

 

2 - San Pellegrino e le chiese circonvicine

 

L’aspetto strutturale delle murature portanti è quello tipico delle zone ricche di pietra calcarea che contraddistingue sul posto ogni costruzione umana. Pietra, calce, sabbia locale (in passato denominata "rena"), mattone o pietra da taglio, tegola ed in parte soltanto il coppo nella copertura, frammisto nel nostro caso anche a tegole di riuso d’età romana, probabilmente recuperi da sepolture.

La facciata è schermata completamente da avancorpi ad ingombro unitario realizzati in fasi successive, inizialmente rispettosi dell’ingresso, poi di totale chiusura del prospetto frontale in occasione della trasformazione dell’immobile ad uso residenziale. Dall’angolo destro sporgono alcune "prese" per ampliamenti futuri.

Soltanto con le previsioni attuali di recupero-restauro dell’insieme, dopo circa due secoli, viene restituito in vista il portale della Chiesa seppur attraverso il grande arco dell’atrio postumo ed il filtro di una cancellata con funzione di limite tra esterno ed interno.

Subito dentro, frontalmente ma fuori asse, è posto il portale incorniciato, di aspetto quattrocentesco, ingresso della Chiesa, snaturato attualmente da svariate tinteggiature sovrapposte.

Il prospetto nord, il più travagliato nel tempo, risulta parzialmente interrato. Questo evidenzia l’uso abitativo più recente di tipo rurale con cucina e camere, sottostante cantina, e più fasi costruttive desumibili dai magisteri murari. A lato un secondo ingresso rialzato ed una cisterna di raccolta dell’acqua piovana con vera addossata alla parete dell’avancorpo laterale.

Il prospetto sud, completamente cieco, escludendo il corpo edilizio successivamente aggiunto a coprire parte della facciata principale munito di una piccola finestra ricavata su una successiva tamponatura, appare omogeneo, probabilmente fu ricostruito a seguito della visita pastorale del 9 aprile del 1571. Alcune tracce a cavallo tra l’avancorpo e la parete antica disegnano un secondo ingresso rialzato della "casa rurale" con scala esterna. Oggi da codesto vano porta abbandonato è stata ricavata una piccola finestra di sottotetto.

Il prospetto posteriore, il più significativo, conserva l’abside semicircolare tipicamente romanica con una monofora assiale strombata tamponata all’interno, archetti ciechi e tracce di una cornice a tripla ghiera, il tutto con i caratteri tipici del sec. XII.

La chiesa al suo interno è a tre navate di cui la centrale è coperta a due spioventi sorretti da tre capriate, le laterali, oggi sopraelevate, a singola falda. Il presbiterio e quindi l’abside risultano sopraelevati di due gradini, il pavimento presenta in mezzeria un ulteriore gradone, prevalentemente in mattoni, e pende leggermente verso l’ingresso in prossimità del quale compare l’unico tombino di sepoltura, un secondo con incise le lettere "FR" è posto inutilizzato all’esterno dell’abbazia. La separazione tra le navate è ottenuta con pilastri alternati a colonne di riuso sormontate da archi tendenti al pieno centro, tipologia riscontrabile in zona anche in santa Pudenziana a Visciano, sant’Alò di Terni, s. Nicolò di Sangemini portando a considerare una certa vicinanza d’epoca, di maestranze o consuetudini locali di costruire su basi architettoniche povere e materiali prevalentemente di recupero. Il "capitello" della mezza colonna a sx. dell’altare reca, su due righe, la seguente iscrizione:

"C.TANTIUS.C.F.H.CODEN | AEDILES . COIRAVERE"

Nella chiesa risalta l’abside per gli affreschi e le decorazioni dell’arco trionfale sormontato da uno stemma dipinto della famiglia Eroli di Narni. Nel catino una Madonna con Bambino attorniata da angeli, sotto, da sx. san Giuseppe, san Pellegrino, san Pietro, santa Caterina d’Alessandria. La mensa, in muratura sormontata da piano monolitico, per tradizione ha, poggiata sul fronte, una macina come quella appesa al collo del Santo nell’affresco.

Sulla parete di dx., sopra l’altare laterale, un’immagine di sant’Antonio da Padova incorniciata dal neoclassico altare affrescato. Sull’altare di sx. vi era una tela rappresentante sant’Antonio Abate, oggi rubata.

 

 

 

3 - San Pellegrino: abside

 

4 - San Pellegrino: facciata prima dei lavori

5 - San Pellegrino: fianco sinistro

 

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DOCUMENTI

 

 

ARCHIVIO DI STATO - TERNI

 

- ARCHIVIO DELL’EROLI

Busta n. 4, F. 448

 

Mitt. Tamburini Mons. Gioacchino Vescovo di Narni

Dest. marchese Giovanni Eroli. 19.11.1841.

 

Con tale lettera il mittente comunica al marchese Eroli di voler prendere visione delle Istituzioni dell’Abbazia di s. Pellegrino, per conto del Colonnello Giovan Battista Eroli il quale assieme al Can. don Giuseppe Eroli, ha risposto alla richiesta del vescovo di Narni, per la sospensione del conferimento dell’Abbazia di s. Pellegrino.

 

 

ARCHIVIO DIOCESANO - NARNI

 

- VISITE PASTORALI

pp. 49-50

"Die IX Aprilis 1571"

 

In tale documento, che descrive la visita pastorale effettuata nel territorio di Narni (mons. Camaiani ?), troviamo menzionata la situazione della Chiesa in tale epoca.

In questo periodo apparteneva (?) a Giovanni Giacomo Eroli, canonico di Narni.

La Chiesa appare bisognosa di lavori poiché è caduto il muro di un lato. Poiché sono state trovate pronte calce ed arena fu ordinata la riparazione entro il mese della visita sotto pena di una multa di 50 scudi.

Anche la casa contigua alla Chiesa ha bisogno di lavori.

Fu ordinato inoltre che la Messa fosse celebrata una volta al mese e che il beneficio fosse stimato a 40 scudi all’anno.

 

 

BIBLIOTECA COMUNALE - TERNI

 

- Coll. Misc. Loc. 72

Pardi R. Ricerche di architettura religiosa medioevale in Umbria, Perugia, 1972, p. 43-55, p. 146.

 

In tali pagine il Pardi ordina il risultato degli studi compiuti da vari autori sui principali monumenti umbri dell’XI secolo, tentando di fissare un ordine cronologico. Ed appunto per la chiesa di san Pellegrino egli rimanda alle notizie sul san Nicolò di Sangemini il quale, per un documento del 1037 che nomina la Chiesa, può essere ascritto pertanto intorno a tale data.

Egli inoltre, ravvisa un gruppo abbastanza organico di Chiese, limitato al territorio Narni-Sangemini costituito da edifici religiosi a schema basilicale classico, secondo tre navate divise da colonne o colonne e pilastri alternati.

Il Pardi sottolinea inoltre che l’alternanza dei sostegni non è finalizzata a qualche partito costruttivo, poiché la copertura usata è di frequente quella a tetto a cavalletti in piano.

 

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- Coll. Loc. B-830

Martelli G., La restaurata Chiesa di s. Nicolò di Sangemini, Perugia, 1967, pp. 25-50.

 

In tale testo, l’autore analizza il restauro della Chiesa di s. Nicolò inserendo tale edificio in un contesto più ampio comprendendo in esso altre Chiese romaniche umbre tra le quali la nostra s. Pellegrino. Difatti, nell’alternarsi dei pilastri e delle colonne, insieme alla notevolmente accentuata irregolarità della pianta, il nostro vede una caratteristica comune nella Regione ed un segno stilistico proprio dell’area artistica dell’Umbria meridionale che fa capo alla Flaminia. "Tali caratteri distintivi si ritrovano, anche se meno rigidamente ordinati, con uno spirito diverso nella Chiesa di s. Pellegrino".

 

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Coll. Misc. Loc. A-581

Grassini Pietro, Chiese romaniche minori del contado di Narni e del confine sabino, in: "Rassegna del Lazio", 1964, 1-3.

 

L’Autore, analizzando le Chiese romaniche minori del contado di Narni, si sofferma superficialmente sulla piccola Chiesa romanica di s. Pellegrino. La piccola costruzione è casa e chiesa, nel cui esterno in pietrelle locali, si ravvisa l’abside semicircolare che denuncia il tipo romanico della Chiesetta incorporata nel complesso.

L’antico monastero, poi casa di contadini, ha l’atrio coperto che diventa passaggio della casa stessa.

L’interno è molto semplice, coperto a tetto con tre navate e pareti ad intonaco, le due laterali separate da quella centrale da muro con archi di muratura scialbata, che insistono su due colonne superstiti.

Tale descrizione è l’unica esistente sulla chiesa di s. Pellegrino.

 

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- Coll. Loc. 520

Eroli Giovanni, descrizione delle Chiese di Narni, Petrignani, 1898, capo XIV.

 

Altare di s. Pellegrino

 

"Questo santo altare è tenuto fra noi per molto miracoloso, poiché credasi, quando s’invoca il suo aiuto per la prosperità della sementa e per l’abbondanza della raccolta, che si possa per suo mezzo ottenere, a piacer nostro, la pioggia fecondatrice, o, quando questa sia soverchia, il sereno per forza del sole.

Ma perché l’effetto fosse più sollecito, portavasi una volta in processione per la città l’effige del Santo, il quale assai di rado rispondeva con grazia del comune desiderio".

 

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BIBLIOTECA NAZIONALE - ROMA

 

- Coll. 201-27-1-33

Giovanni Eroli, Miscellanea storica narnese, Petrignani, 1898.

 

In tale testo l’Eroli dichiara che tutte le chiese e abbazie nei dintorni di Narni, siano derivate "come figli" da s. Cassiano come la nostra s. Pellegrino in vocabolo Castagnola.

" ... Questa abbazia appartiene alla nostra gente. Lì in un pilastro c’è un’iscrizione antica romana e nel terreno intorno furono trovate alcune antiche iscrizioni di sepolcri romani, fra le quali una appartenne a una levatrice e oggi stanno in Municipio".

 

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- Coll. AID 3263

Bigotti Ilario, Narni.

 

In tale testo l’Autore indica, per la chiesa di s. Pellegrino, il reimpiego di un elemento in pietra, con iscrizione relativa (lo stesso già citato dall’Eroli) ad un’opera compiuta dai quattuorviri C. Jantius e H. Codenus. Inoltre riferendosi alla iscrizione di antichi sepolcri rinvenuti in zona, come aveva detto l’Eroli, dà il nome della levatrice a cui appartiene una di esse: Autronia Fortunata.

 

 

 

MISC. FRANCO DELLA ROSA - Ameria

 

- Martinori Edoardo, Cronistoria Narnese, Terni, 1987.

 

Relativamente all’anno 1012 il Martinori riporta la seguente citazione: "Sulle rovine di antichi templi, di ville romane, furono fondate chiese e conventi, nel territorio di Narni, come quella di s. Angelo in Massa e l’altra di s. Cassiano, la chiesa di s. Pudenziana, di s. Stefano e s. Pellegrino ed altre".

Relativamente all’anno 1415 riporta che: "Tra le chiese collegiate di Narni troviamo nel protocollo Vannelli, quella di s. Pellegrino ai Monti (situata fuori città e ponte) e la chiesa di s. Pietro in Conca fuori le mura di Narni ora diruta.

 

 

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- Bigotti M., Mansuelli G.A., Prandi A., Narni, 1973.

 

In relazione all’iscrizione funeraria citata dall’Eroli e da I. Bigotti: Autronia Fortunata, gli Autori annotano il nome del figlio Fidus (C.I.L. XI, 4128) curatore del monumento funerario eretto alla madre. "... la cui lapide sepolcrale faceva parte della necropoli scoperta presso la Castagnola sulla via verso Ameria si spiega con la presenza di un agglomerato di qualche consistenza e così l’attività di tenuarius esercitata dal Pompeius ricordato dall’iscrizione funeraria del figlio, scoperta a s. Pellegrino, in una zona molto vicina (C.I.L. XI, 7819)", (databile nella prima età imperiale, liberta).

Altra cit. ripetitiva relativa ai quattuorviri a p. 86.

 

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- Pietro Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XII e XIV, Città del Vaticano, MCMLII.

 

Tra gli anni 1275-1297, registrati dal Sella nell’opera surrichiamata, non si fa menzione di san Pellegrino tra le Chiese extra moenia in forma ripetuta, mentre compare più volte citata la scomparsa chiesa di san Pietro in Conka.

Nella decima dell’anno 1297 (Narni) è annotato al n. 7712 "Prebenda dompni Petri canonici s. Peregrini et Cappellani s. Iuvenalis sol XXXIIII"

 

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6 - San Pellegrino nel Catasto Gregoriano                                          7 - San Pellegrino nel nuovo Catasto rurale

 

 

[1] Bargellini, Piero, Mille Santi del giorno, Ed. Vallecchi, Firenze, 1977.

[2] TCI, Grandi itinerari automobilistici nel paesaggio italiano, Milano, 1996, p. 136.

[3] Stopani, Renato, La via Francigena in Toscana, in: “Le grandi vie di pellegrinaggio del medioevo - le strade per Roma”, Centro Studi Romei, Tip. Pochini, Firenze, 1986, p.56.

[4] Bucci, Mario, Dalle Apuane al mare - Lucca e la Garfagnana, in: Italia da scoprire - Toscana - Itinerari, IGDA Novara, 1988, p. 170.

[5] Gli appellativi hanno sicuramente relazione con i più famosi santi-pellegrini, noti ben oltre il medioevo: san Rocco e san Pellegrino che divennero il simbolo del pellegrinaggio. Al femminile sono note santa Bona di Pisa e l’irlandese santa Brigida.

 

 

Planimetria stratigrafica dell'abbazia

 

 

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La pubblicazione non è in vendita,

è diffusa allo scopo di raccogliere offerte

per il completamento dei restauri

della chiesa e abbazia di

san Pellegrino.

 

L’opera è stata finanziata da:

Livio Barcherini

Franco Della Rosa

Fausto Novelli

Emanuele Sciarrini

 

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Edito dal

GRUPPO RICERCA FOTOGRAFICA

www.grupporicercafotografica.it

dellarosa.f@gmail.com

 

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Fotografie e Grafica

Arch. Franco Della Rosa

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Stampa: Tipolitografia Quatrini A. & F. s.n.c.

Via S. Lucia, 43-45-47 - Viterbo

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I Edizione - Novembre 1997

 

 

PER TROVARE LA BIBLIOTECA OVE CONSULTARE IL LIBRO:

https://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/avanzata.jsp

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